Università Federico II di Napoli: luogo di eccellenza nel campo della ricerca chimica.

Oggi ci addentriamo con Ghiaroni nell’Università partenopea Federico II che risale alla generalis lictera dell’Imperatore svevo del 5 giugno 1224.

Nel cuore di Napoli, tra le antiche mura dell’Università Federico II si cela una storia di innovazione scientifica che ha segnato profondamente il panorama della chimica italiana. Parliamo dell’Istituto Chimico, fondato nel lontano 1862 dall’illustre Prof. Sebastiano De Luca, il cui impegno e dedizione hanno gettato le basi per una tradizione di eccellenza nel campo della ricerca chimica in Italia.

L’istituzione di un vero e proprio Istituto Chimico 

Prima dell’opera pionieristica di De Luca, Napoli non vantava una scuola di chimica degna di nota. L’istituzione di un vero e proprio Istituto Chimico segnò un momento di svolta nella storia dell’istruzione scientifica nella città partenopea. Il laboratorio, situato in un antico porticato a nord dell’edificio universitario, venne allestito prendendo spunto dai prestigiosi laboratori francesi, considerati all’epoca i migliori nel mondo. Tuttavia, con il passare del tempo, la struttura dell’Istituto non è riuscita a tenere il passo con i rapidi progressi della scienza, e ciò ha comportato alcuni limiti nell’efficienza e nella funzionalità dei laboratori.

Il progetto riformatore di De Luca era ambizioso, ma ben fondato. Egli puntava a trasformare Napoli in un polo di eccellenza per gli studi chimici, attirando anche illustri nomi del panorama scientifico italiano. Tra questi, si distingueva Raffaele Piria, considerato unanimemente il fondatore della chimica italiana. Tuttavia, nonostante gli sforzi di De Luca e Piria, alcuni progetti non videro la luce, come il tentativo di far trasferire a Napoli il famoso chimico Stanislao Cannizzaro, che preferì optare per la cattedra a Palermo.

Nonostante le sfide e le difficoltà iniziali, l’Istituto Chimico di Napoli iniziò e continuò a prosperare, anche grazie al contributo di figure di spicco come Francesco De Sanctis e Agostino Oglialoro Todaro. Quest’ultimo, pur impegnato in ruoli istituzionali di rilievo all’interno dell’Università, come quello di Rettore, riuscì comunque a formare una nuova generazione di ricercatori, tra cui spiccano i nomi di Marussia Bakunin e Francesco Giordani.

Marussia Bakunin: figura emblematica della chimica napoletana  

Marussia Bakunin, figura emblematica della chimica napoletana, si distinse per il suo impegno nella ricerca e per il suo contributo al progresso scientifico. Laureata da giovanissima, divenne presto una apripista nel campo della chimica organica, affrontando temi di grande complessità e aprendo nuove frontiere di conoscenza. Il suo ruolo di docente e il suo impegno sociale e culturale ne fecero una figura di riferimento per la città di Napoli, tanto che il Comune dedicò una via in suo onore.

Tra i suoi numerosi contributi, spiccano l’elaborazione di un innovativo metodo per ottenere la ciclizzazione chimica utilizzando l’anidride fosforica e lo svolgimento di importanti studi sui materiali geologici italiani, in particolare sugli scisti bituminosi, fonte di un olio curativo noto come ittiolo.

Durante l’incendio dell’Università di Napoli nel settembre 1943, causato dai soldati tedeschi in ritirata, Maria Bakunin dimostrò il suo coraggio straordinario. Seduta sui gradini della biblioteca, rimase impassibile fino alla ritirata delle truppe, un gesto che le valse l’ammirazione e il rispetto di coloro che la conoscevano. In breve, Maria Bakunin incarnava pienamente lo spirito coraggioso e indomito della sua famiglia, come sottolineato da Alessandro Rodolfo Nicolaus, uno dei suoi allievi.

Al fianco di Bakunin, Francesco Giordani rappresentava un altro pilastro dell’Istituto Chimico. La sua dedizione alla ricerca e il suo contributo alla formazione di nuove generazioni di scienziati ne fecero una figura di rilievo nell’ambito della chimica italiana. Viene ricordato principalmente come l’autore della teoria degli elettrolizzatori a diaframma e circolazione per cloruri alcalini.

L’eredità dell’Istituto Chimico dell’Università Federico II di Napoli è un patrimonio prezioso, che continua a ispirare e guidare le menti brillanti del domani. Attraverso la ricerca e l’innovazione, l’Istituto si conferma un faro di conoscenza nel panorama scientifico italiano, mantenendo viva la fiamma della scoperta e dell’eccellenza.

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