L’Ultima Cena è forse l’opera più fragile e più restaurata della storia. Il Cenacolo Vinciano, dipinto da Leonardo da Vinci tra il 1494 e il 1498, ha attraversato guerre, incuria, infiltrazioni, lavori edili e restauri poco scientifici. Eppure è ancora lì, sulle pareti del refettorio di Santa Maria delle Grazie a Milano. Gran parte del merito? Alla chimica.
Una tecnica non convenzionale
Leonardo scelse di dipingere su intonaco secco e non su intonaco fresco come previsto dalla tecnica dell’affresco tradizionale. Una scelta dettata dalla volontaria lentezza esecutiva e dal desiderio di tornare più volte sulla scena. Ma questa decisione compromise la durabilità dell’opera: i pigmenti, anziché penetrare nel muro, restarono in superficie, rendendoli vulnerabili a umidità, polvere e vibrazioni.
Restaurare o danneggiare?
Dal Settecento in poi, si susseguono decine di restauri. I primi interventi sono spesso controproducenti: si utilizzano sostanze corrosive per “pulire” l’opera, si ridipingono intere sezioni, si lavora senza conoscere la compatibilità chimica dei materiali. Addirittura, nel 1652, una parte centrale dell’affresco viene demolita per aprire un portone, compromettendo la struttura e la tenuta del dipinto.
Il contributo decisivo della chimica
Con il Novecento, il restauro diventa una disciplina scientifica. Gli interventi sono sempre più supportati da analisi chimico-fisiche, tecniche spettroscopiche, identificazione di leganti e pigmenti. Il restauro più importante, durato 21 anni (dal 1977 al 1999), è stato condotto da Pinin Brambilla Barcilon. Grazie al supporto della chimica e di tecnologie d’avanguardia, è stato possibile consolidare la pellicola pittorica senza aggiungere nuovi colori, salvando quanto restava dell’opera originale.
La chimica al servizio dell’arte
Ogni intervento conservativo ha dovuto fare i conti con reazioni chimiche, agenti corrosivi, pigmenti alterati, adesivi incompatibili. Solo il più recente e lungo restauro ha saputo restituire una lettura coerente e scientifica dell’opera, grazie all’approccio rigoroso e al supporto delle scienze analitiche.
Oggi il Cenacolo è un caso di studio per tutti i restauratori del mondo. Un esempio emblematico di come l’arte possa vivere (o sopravvivere) solo grazie alla conoscenza dei materiali, alla consapevolezza delle reazioni e alla scelta attenta dei metodi conservativi.
Perché l’arte è materia. E la materia parla la lingua della chimica.
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