Pochi quadri al mondo hanno saputo incarnare un’emozione universale come L’Urlo di Edvard Munch. Eppure, oggi, quel grido rischierebbe di spegnersi: i colori dell’opera realizzata nel 1910 stanno lentamente virando verso il grigio, perdendo la loro originaria intensità.
Cosa sta succedendo alla tavolozza di Munch?
A rispondere è stato il team del Molab del CNR – un laboratorio mobile specializzato nello studio scientifico delle opere d’arte. Grazie a tecnologie come la spettroscopia molecolare, la riflettografia infrarossa e lo scanner X, i ricercatori hanno svelato i motivi di questo lento scolorimento.
I responsabili principali? I gialli a base di solfuro di cadmio, noti per la loro instabilità e due pigmenti rossi organici altamente fotosensibili, che tendono a perdere tono se esposti alla luce.
Questi materiali, usati all’epoca con fiducia ma senza la consapevolezza delle loro reazioni nel tempo, pongono oggi enormi sfide alla conservazione.
Perché la chimica è fondamentale per l’arte?
Perché conoscere la natura dei pigmenti, dei leganti e dei supporti è il primo passo per proteggerli. Lo è ancora di più con le opere moderne, spesso realizzate con vernici e materiali industriali la cui reazione nel tempo è difficile da prevedere.
Da Van Gogh a Pollock, fino a Keith Haring, ogni opera d’arte nasconde un universo chimico da decifrare. E L’Urlo di Munch ne è un esempio potente: un grido che la chimica – giorno dopo giorno – sta cercando di ascoltare – e preservare.
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